Spettacolo di strada

Non so gli altri, ma io appena ho un nuovo libro tra le mani le prime due cose che faccio sono leggere le prime righe e subito dopo l'ultima pagina. Poi ricomincio ovviamente a leggerlo per bene dall'inizio. Inconsueto? Buffo? Può darsi. Io lo chiamerei più desiderio di possedere quella determinata storia prima ancora di scoprirla.
I
"Le bolle di sapone che questo bambino /
si diverte a soffiar via da una cannuccia /
sono translucidamente tutta una filosofia. /
Chiare, inutili e passeggere come la Natura, /
amiche degli occhi come le cose, /
sono quello che sono /
con una precisione ben rotonda e aerea, /
e nessuno, neppure il bambino che le soffia via, /
pretende che esse siano più di quello che appaiono essere.”
Fernando Pessoa.
Alex Grandi si trovava al solito posto da un’ora ormai, ma lei non era tornata. Quel giorno si era alzato presto e poiché non aveva voglia di stare da solo in casa, dopo aver mangiato qualche biscotto di sfuggita e raccolto tutto ciò che nella mattinata sarebbe servito, si era incamminato verso piazza di Porta San Giovanni. (...)
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(...)La banchina di pietra era ancora lì, a metà del marciapiede tra strada e zona pedonale. Le luci artificiali della città la facevano apparire lucida e vuota, come se facesse parte di uno spettacolo teatrale, su un buio palcoscenico, con un neon puntato contro da lontano.
Alla base di quella banchina, tra un fazzoletto usato ed uno di quei giornali gratuiti distribuiti alla metro notò un oggetto colorato. Si chinò per vederlo meglio. Era un piccolo contenitore di plastica cilindrico per bolle di sapone. Lo afferrò, era celeste e bianco e su tutta la facciata laterale c’erano le immagini di Tom e Jerry stampati su della carta adesiva. Era il suo. Oppure no. Non, non poteva esserlo. Il suo aveva i disegni consumati ed il tappo graffiato il giorno in cui Stefania se ne era andata portandoselo in borsa. Eppure era identico. Come era possibile? Sorrise facendolo balzare da una mano all’altra. Gli venne un gran voglia di fare le bolle, soffiarci dentro tutti pensieri e le confessioni che avrebbe sempre desiderato dichiarare a sua madre e poi guardarli volare via per sempre. Ma non lo fece. Poggiò l’oggetto di nuovo a terra, non ci sarebbe cascato un’altra volta, non si sarebbe lasciato trascinare ancora dal fascino delle bolle, dalla nostalgia del suo spettacolo di strada, dall’incanto dell’effimero.
Si sganciò dal polso il bracciale con il ciondolo che Stefania gli aveva regalato e lo legò al lavoretto grazioso che Paula aveva realizzato intorno al solito palo.
“Adesso è perfetto”, disse a bassa voce, come una confessione che si fa solo a sé stessi.
Poi gli diede un colpo leggero con le dita e tornò a casa senza più guardarsi indietro.
Fine
😉
Alina.

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